“Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”. Queste le parole di Gesù riportate dal vangelo di Luca, nell’episodio in cui Cristo visita le due sorelle.
Viviamo nel tempo di Marta, un tempo che mette al centro il fare, ossessionato dai risultati. In questo mondo portato all’azione più che alla riflessione, alla vittoria e al successo – e quindi alla competizione anziché alla collaborazione – le scuole di Liberi di Educare sfidano la corrente e la risalgono per arrivare alla sorgente del senso.
Cosa significa educare, fare scuola, crescere un bambino? Se lo domandano tutti i giorni gli insegnanti, cercando di tenere fede al principio che li muove e che mette al centro il bambino. Per citare una delle maestre durante l’ultima riunione di aggiornamento: “Dobbiamo valorizzare il bambino per come è, non per cosa sa fare”.
Solo così possiamo davvero valorizzare la diversità di ciascun alunno; solo così ogni bambino è davvero accolto e amato. Senza ‘standard’ da rispettare, senza ‘generalmente’ o ‘la maggior parte’.
Se si guarda ogni singolo bambino senza confrontarlo con nessun altro, cogliendone la naturale unicità, si annulla il concetto stesso di ‘diversamente abile’: esistono solo bambini la cui unicità balza più facilmente agli occhi. Perché ciascun bambino è originale, irripetibile, e ciascuno ha capacità e difficoltà, ciascuno maggiori e minori competenze, a seconda dei vari ambiti della realtà in cui agiscono, i tempi di crescita, le condizioni in cui si trovano.
Perché non ci piace definire, etichettare, schedare i bambini. Nelle scuole della rete Liberi di Educare i bambini si guardano, con amore, e si prendono per mano. Incoraggiando ciascuno di loro a fare altrettanto con il mondo.
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