18
FEB
2014

L’affezione e la conoscenza

In questo periodo molte famiglie visitano le nostre scuole e incontrano i nostri docenti e i nostri educatori. Ci interpellano sul nostro compito educativo e ci chiedono quale sia il valore della nostra scuola.
Allora, qual è il nostro compito nella scuola? Qual è il compito di un docente, di un educatore? Innanzitutto, occorre recuperare il motivo per il quale un docente, nel proprio lavoro, si mette veramente in gioco e fa sì che i propri alunni imparino e crescano nella totalità della loro umanità risvegliando in loro la gioia della creatività e della conoscenza.
Per questo la scuola non può essere solo il luogo della trasmissione dei saperi, anche se deve far crescere nei “saperi”. Deve essere un luogo di studio serio e sempre più consapevole, ma lo scopo è l’autocoscienza dell’allievo, la crescita nella conoscenza in un rapporto di “affezione”.
Erasmo da Rotterdam diceva che «il reciproco amore tra chi apprende e chi insegna è il primo e più importante gradino verso la conoscenza».
Attraverso l’insegnamento e il rigore scientifico delle discipline, lo scopo della scuola, per come la intendiamo noi, è la trasmissione dell’impegno che il docente stesso ha con la propria autocoscienza, con l’uso della propria ragione e dell’amore che nutre per ciò che fa e insegna. In altre parole, attraverso la singola materia di studio, che è una modalità di indagine e conoscenza della realtà, un docente seriamente impegnato con sé, trasmette la passione alla realtà intera, non solo la passione per la disciplina che insegna. È questa passione, questo amore, che il docente ha con la realtà, declinata nella propria disciplina, il fondamento del rapporto educativo. E, alla fine, è questa passione che colpisce l’alunno.
Il docente introduce l’allievo alla realtà in tutta la sua ampiezza e lo fa attraverso gli strumenti che possiede, sollecitando e sostenendo l’autocoscienza dell’alunno.
Solo così imparare diventa un’esperienza di bellezza e interesse reale, pur nella fatica dello studio che non è mai sterile e fine a se stesso.
Solo così si possono sostenere i nostri giovani e far sì che siano motivati al lavoro scolastico anche quando “passano” alle scuole secondarie di I e II grado.
I nostri docenti cercano quindi, attraverso la propria esperienza, il proprio studio, il proprio aggiornamento e la propria capacità di autocoscienza, di rispondere al bisogno fondamentale della conoscenza che concorre allo sviluppo della persona nella sua totalità.
In quest’ottica, anche gli strumenti che vengono individuati e che sono oggetto di monitoraggio continuo, dalle valutazioni (che non sono certificazioni di competenze) alle tecnologie didattiche innovative, ai progetti, sono finalizzati a favorire l’apprendimento inteso come conoscenza reale.
Non sono il fine della scuola, ma sono un aiuto allo sviluppo della persona nella sua interezza.

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