Finalmente siamo tornati a scuola.
L’abbiamo detto nei mesi passati: il rapporto educativo alla base di ogni processo conoscitivo si gioca in presenza e non a distanza. La scuola è nel rapporto educativo tra docente e discente, è in una relazione che ha necessità di una fisicità.
Pur tra mille norme e procedure siamo ripartiti nelle nostre aule: questo è il dato più importante. Per il resto occorre con molta serietà seguire le indicazioni che vengono date per il bene di tutti; è faticoso, a volte qualche indicazione può sembrare eccessiva, ma essere insieme a scuola, seppure distanziati e con la mascherina, è un valore grande che ripaga di tutti i sacrifici che stiamo vivendo.
Questo inizio scolastico è stato come entrare a scuola la prima volta; per gli alunni, per i docenti, per tutto il personale che opera nelle nostre realtà è stato come varcare l’ingresso il primo giorno di scuola la prima volta. Tornare dopo mesi di assenza ha generato un entusiasmo che ricorda l’entusiasmo degli inizi; ha generato la trepidazione della prima volta in cui un bambino, un ragazzo hanno varcato le soglie delle loro aule o un adulto ha iniziato ad insegnare. In questo nostro tornare a scuola, forse c’è stato anche il timore di rispettare tutte le procedure, di organizzare al meglio gli ingressi e le uscite, di richiamare tutti ad uno stretto rispetto delle norme. Ma di fronte all’impatto di esserci finalmente, di riconoscerci comunità educante “in presenza”, tutto ha acquistato il sapore non di uno scotto da pagare, ma di una grazia da preservare.
In questo primo mese di scuola ci siamo resi conto che la realtà è meglio di quanto ci immaginiamo o dell’idea che abbiamo in testa. La realtà dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze che per farsi vedere meglio sorridono con gli occhi, dal momento che il volto è seminascosto dalle mascherine, è ciò che conta. Gli occhi sorridono quando ci muoviamo all’interno della scuola, appena entriamo: è diventato il nostro modo di salutarci.
Sono questi occhi che sorridono che ci dicono “ci siamo”, siamo felici di essere qui insieme, siamo felici di essere presenti. È una presenza fisica e tangibile quella che spiazza, quella che rende lieti, che fa crescere e che. ridona il gusto al conoscere, allo studiare, all’insegnare, all’educare. Ancora una volta ci dobbiamo dire che la scuola è una comunità educante: è fatta di rapporti e relazioni tra persone; tra alunni e docenti, tra alunni e compagni, tra insegnanti e colleghi, con le famiglie, con gli amministrativi…insomma con tutto il personale educativo…anche se, pur presenti, siamo “a distanza” ed alcune cose che eravamo soliti fare sono limitate. E allora tutti i docenti continuano a reinventarsi, perché quest’anno scolastico particolare non sia vissuto come un anno che deve “passare velocemente” per tornare alla normalità.
Certo, tutti noi desideriamo tornare alla “normalità” nell’accezione piena e positiva del termine, ma al tempo stesso vogliamo vivere intensamente questo strano presente che ci è dato senza sentirci “sospesi” o, peggio, in attesa di tempi migliori. Il tempo migliore è questo, è il presente che ci è donato, è la realtà che insieme possiamo condividere nelle forme e possibilità che ci sono date senza perderci nulla, ma gustando tutto. Siamo ripartiti, occorre continuare apprezzando tutte le occasioni che nella vita, e nella scuola per quanto riguarda il nostro contributo, ci mantengono veri e vivi.
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