Mi sono interrogata tante volte sulla valenza pedagogica dei principi cardine dello Spazio ZeroSei.
Mi sono chiesta se e quanto ci credessi, perché personalmente riesco a promuovere con passione e determinazione soltanto quello in cui credo davvero.
La risposta la trovo ogni volta che osservo i bambini, nei contesti più disparati e nei momenti più vari: in attesa nella sala d’aspetto del pediatra, ai giardini pubblici, in fila alla cassa del supermercato, bambini di età diverse si confrontano continuamente, senza che per loro sia minimamente un problema.
Ed è lì che ho capito che è tutta nostra, di noi adulti, l’esigenza di classificarli, dividerli in sezioni, dar loro un senso e un ordine quando in realtà i bambini, per loro natura, hanno tutte le carte in regola per adattarsi agli stimoli che provengono dall’esterno e non hanno mai bisogno di domandarsi quanti anni abbia e di che religione o ragione sociale sia il bambino che sta loro davanti prima di chiedergli: “Vuoi giocare con me?”.
Per questo io credo fermamente nello ZeroSei.
Perché è la migliore palestra per la vita; non è una realtà che si ferma al cancello di entrata della scuola, ma che si espande ed entra in relazione con la famiglia e la collettività, per far sentire il bambino parte integrante e protagonista di un tutto.
Gli fornisce gli strumenti per relazionarsi, vivere e costruire con serenità e fermezza i rapporti nella vita quotidiana, ovunque e con chiunque esso si trovi.
L’accettazione serena di un cambiamento, la flessibilità di fronte ad elementi nuovi, la capacità di essere stimolato e non impaurito dalle novità che gli vengono proposte è occasione di crescita, e noi educatori siamo chiamati ad accompagnarli in questo cammino sostenendo e accompagnando il bambino con atteggiamento partecipe.
In uno Spazio ZeroSei, i bambini sono abituati a stare tra di loro, condividendo tutti insieme gran parte delle routine che danno loro sicurezza e stabilità e successivamente dividendosi per le attività ma non utilizzando mai come criterio di divisione l’età, che è un parametro che da solo – a mio avviso – non basta.
Stiamo sempre a ripeterci che i bambini sono unici e non c’è niente di più vero, ed è proprio nel rispetto di questa riconosciuta individualità che mi fermo a riflettere che Luca è semplicemente e meravigliosamente diverso da Diego, sia che abbiano due anni di differenza l’uno dall’altro sia che siano nati lo stesso giorno dello stesso anno.
La diversità e la varietà di età e personalità all’interno della struttura è arricchimento e te ne accorgi quando, durante il momento dedicato all’igiene personale, Laura (5 anni) aiuta Pietro (2 anni) a mettere il dentifricio sul suo spazzolino facendo attenzione a non usarne troppo “perché sennò poi gli pizzica la bocca, maestra”.
Te ne accorgi quando Riccardo aiuta Diego a mettere il pomodoro sull’impasto della pizza per il laboratorio di cucina, quando Viola mette la colla stick sul foglio di Sole per aiutarla a fare il suo collage e Sole magari si ribella perché la colla la vuol mettere da sola.
I piccoli si sentono accettati e mai soli e imparano rubando con gli occhi, emulando e imitando i più grandi; i più grandi a loro volta imparano ad aver pazienza, tolleranza, rispetto nella convivenza con bambini che hanno esigenze e tempistiche diverse dalle proprie.
E se noi educatori siamo pronti a metterci in gioco e ad abbassarci ai loro 80centimetri di altezza (e a innalzarci alla loro immensa grandezza d’animo) sarà riduttivo chiamarlo Spazio ZeroSei..
Diventeremo piuttosto uno Spazio ZeroCento! Perché ogni giorno, semplicemente convivendo, condividendo e osservandoci gli uni gli altri avremmo sempre qualcosa da imparare. Da e con loro.
Serena Buzzi, insegnante
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