Si sente sempre più di frequente parlare di coding. Nelle nostre scuole verrà progressivamente adottato a partire da settembre. Ma di cosa si tratta esattamente? Il termine inglese coding significa codificare; l’etimologia risale alla pratica di incidere le lettere per scrivere su tavolette che venivano poi composte su un ceppo, codex (caudex) appunto. Quindi un codice e di conseguenza il coding sono strumenti per interpretare, per leggere, e per trasmettere informazioni.
E questo è quello che fa un programma: prevede ogni singolo passo del percorso che il computer deve eseguire per raggiungere un risultato, ovvero per fare una determinata operazione. Per questo ci interessa: al di là dell’abilità che i ragazzi sviluppano nel maneggiare i programmi, il coding consente loro di imparare un metodo che può essere applicato sempre. Uno strumento che utilizza la pratica della programmazione per individuare come ci si comporta di fronte a un problema, come spacchettare la difficoltà in vari passaggi e come comporre il percorso da seguire per superare il problema.
Di fatto il coding è un allenamento alla logica, un esercizio di problem solving. Per questo infatti può essere introdotto anche senza computer e con i bambini più piccoli: è un modo di insegnare ai bambini e ai ragazzi a procedere per raggiungere un risultato. Li aiuta a organizzare il lavoro, ad analizzare e sintetizzare, e a non arrendersi di fronte alle difficoltà.
Un lavoro che di fatto viene già sperimentato da tempo nelle nostre scuole, ma che trova nel coding un valido supporto, divertente per i ragazzi e coerente con i tempi in cui viviamo. Uno strumento che insegna loro un metodo e anche un modo attivo di guardare alla realtà. Il computer fa ormai parte della loro vita quotidiana; il coding li aiuta a viverlo in maniera attiva, a rendere questo strumento non una scatola misteriosa ma uno strumento da usare con intelligenza, operando scelte consapevoli.
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