L’unica gioia al mondo è cominciare.
È bello vivere perché vivere è cominciare,
sempre, ad ogni istante.
(Cesare Pavese)
L’inizio della scuola è alle porte.
Cominciare è sempre un po’ difficile, ma al tempo stesso è affascinante. E lo è anche per chi non inizia una nuovo percorso: il primo giorno di scuola è comunque una novità.
Ma quale novità può esserci nel riprendere una routine che si ripete ogni anno? Cosa può rendere interessante ritornare a scuola per tutti, dal momento che il rientro segna la fine dell’estate e del tempo libero?
L’inizio di qualcosa è carico di novità, attesa, curiosità ma anche paura: la fatica, il sacrificio, la riuscita. In realtà questi non sono ostacoli perché ci permettono di “conquistare” ciò a cui teniamo.
Si può desiderare che qualcosa inizi, si può amare l’inizio della scuola se si vive l’esperienza scolastica come un incontro di umanità diverse, se chi lavora nella scuola ci accoglie e sfida il nostro cuore e la nostra libertà, ci testimonia cioè che quello che viviamo, studiamo, impariamo ha a che fare con la nostra felicità. E’ come un dono prezioso e non un dovere imposto.
Pavese scriveva di “un punto infiammato”, fulcro di tutto il suo io. La sfida della scuola è destare in ogni bambino e ragazzo questo “punto infiammato”: la vera natura della scuola è offrire la possibilità di vivere un’esperienza di crescita a tutto campo attraverso la guida di Maestri autorevoli impegnati per primi con la realtà e con la loro umanità.
A scuola l’impegno che ci è richiesto è con la nostra umanità, attraverso lo studio di chi è educato e il lavoro di chi educa. Impegnarsi con la propria umanità vuol dire crescere, prendere possesso della realtà: nell’esperienza scolastica ne sono strumento le discipline, i saperi, le esperienze educative e didattiche.
E’ una sfida al cuore e alla ragione non solo per bambini e ragazzi ma anche per chi educa secondo le modalità di approccio e di metodo legate alle diverse età e alle diverse responsabilità di chi opera nella realtà scolastica.
Solo così la fatica dello studio e del lavoro possono far assaporare la bellezza del sapere e cioè che quello che viviamo, studiamo, impariamo ha a che fare con la nostra felicità perché ha a che fare con le domande di bene e verità del nostro cuore.