La difficoltà educativa, sociale e culturale – di cui certi atti vandalici e violenti che accadono ormai quasi quotidianamente sono frutto – ci impone di stare di fronte alla crisi nella quale siamo immersi con dignità e impegno, portando contributi positivi. Per far questo è necessario, negli ambiti personali e lavorativi in cui siamo, essere una presenza diversa. O meglio, potremmo dire, essere un soggetto in azione, una persona consapevole di sé, capace di un’affezione a sé e quindi in grado di testimoniare e costruire qualcosa di reale e positivo per il bene di tutti.
Nel nostro ambito specifico quale contributo possiamo dare? Qual è lo scopo delle nostre scuole? Se è possibile oggi scoprire una novità, dare un segnale di positività per cui la violenza non sia all’origine delle nostre azioni, testimoniare ciò ai nostri alunni, occorre recuperare lo scopo iniziale per il quale un docente, nel proprio lavoro educativo e didattico, si metta veramente in gioco e non soccomba alle logiche imperanti del nichilismo per cui non vale la pena più nulla se non il lamento, anzi, come scrive un poeta, gli uomini senza rendersene conto “sgattaiolano tutto il giorno avanti indietro/sulla bocca di questo mondo tetro/senza mai domandarsene il perché” (L. Fiumi, I pesci rossi).
Ci rendiamo sempre più conto che la scuola ha un compito educativo importante: non può essere solo il luogo della trasmissione dei saperi. Deve essere certamente un luogo di studio serio, ma lo scopo è l’autocoscienza dell’allievo e di conseguenza, attraverso l’insegnamento delle discipline, la trasmissione dell’impegno che il docente stesso ha con la propria autocoscienza, con l’uso della propria ragione. Attraverso la singola disciplina, un docente seriamente impegnato con sé e il proprio compito, trasmette la passione alla realtà intera, non solo la passione per la materia che insegna; trasmette un modo nuovo di guardare le cose, un modo che non sia regolato da logiche di sopraffazione e violenza. È la passione che il docente ha con la realtà, e che documenta attraverso l’insegnamento della propria disciplina, il fondamento del rapporto educativo. Per questo il docente introduce l’allievo alla realtà in tutta la sua ampiezza e lo fa, attraverso gli strumenti che possiede, sollecitando l’autocoscienza dell’alunno e favorendo un suo positivo sguardo nei confronti del reale.
Solo aiutando lo sviluppo della persona nella sua totalità, favorendone l’uso della ragione, facendo crescere l’autocoscienza si può tentare di rispondere alla crisi educativa e sociale nella quale siamo immersi.
Per questo, anche con il sostegno delle famiglie che con noi si implicano, vogliamo essere liberi di educare per educare all’autocoscienza e alla libertà. Per contribuire a far crescere persone seriamente impegnate con la propria umanità, libere e disposte a mettersi in gioco per costruire ‘pezzi’ di realtà nuovi.
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