“Ciò che l’uomo cerca nel piacere è un infinito; e nessuno rinuncerebbe mai alla speranza di conseguire quest’infinito”.
(Cesare Pavese)
Oggi assistiamo alla riduzione del desiderio: non più la “speranza di conseguire quest’infinito” che è un lavoro personale che implica tempo e pazienza, che mette in campo le proprie aspirazioni e che è intessuto di relazioni tra il proprio “io” e la realtà.
Oggi siamo richiamati al tutto e subito, al piacere della soddisfazione immediata, in qualsiasi campo e a qualsiasi età.
Le giornate di grandi e piccoli sono riempite a dismisura, perché il tempo libero e il silenzio spaventano in quanto ti mettono in relazione con il “cuore”, sede delle domande vere sull’esistenza, e con il desiderio di infinito che può essere ingannato o ridotto, ma che esiste.
Anzi, oggi ci dicono anche come pensare e cosa pensare; nel tempo del “politicamente corretto” non c’è spazio per l’aspirazione al bello, al vero, al giusto perché è tutto già prestabilito e preconfezionato, anche i desideri che sono confusi con il “piacere”, con ciò ‘che mi va’, ‘quando mi va’ e ‘come mi va’.
Vale il “come mi sento” nella fluidità dei momenti che passano: questo è quanto ci viene presentato come esempio di libertà. Siamo tutti artefici del nostro destino, ma non nell’accezione positiva di essere messi in grado di costruire e contribuire al bene comune: solo nello spazio egoistico dei propri istinti e senza alcuna aspirazione alla costruzione di qualcosa.
Ma la platea di giovani che abbiamo di fronte non è proprio così soddisfatta: assistiamo alla violenza delle “baby gang”, ragazzi e ragazze che si danno appuntamenti per sfogare i propri istinti, per picchiare, per provocare.
Oppure pensiamo agli atti di autolesionismo, alle crisi di panico, ai disturbi alimentari, alla fobia sociale e alla fobia scolare; forse il “tutto e subito” che la nostra società propone come panacea di tutti i mali non funziona!
Il cuore umano ha bisogno di altro: ha bisogno di trovare un significato profondo alle proprie domande; ha bisogno di trovare un gusto nell’esistenza che sia frutto di fatica, impegno, di conquista personale. Ha bisogno di pensare che si possa costruire nella realtà, che la realtà sia positiva perché così l’ha voluta Chi l’ha creata.
I genitori, nel loro compito educativo di accendere le domande del cuore e motivare ad uno sguardo curioso e positivo sulla realtà, hanno bisogno di partner autorevoli, hanno bisogno di educatori che nella scuola, dove bambini e ragazzi passano la maggior parte del tempo e crescono, accompagnino e sostengano il loro impegno di genitori.
La scuola dovrebbe essere il luogo dove, insieme alle conoscenze, si esprime una capacità di compagnia e condivisione con la famiglia.
Il processo educativo è compagnia che fa nascere, ed aumenta, il rispetto del ragazzo così com’è, per cui per essere accolto e valorizzato non deve essere diverso da quello che è, ma deve essere sostenuto perché poi diventi capace di far da sé.
Nello scegliere una scuola occorre verificare e valutare il progetto educativo che la muove, l’ipotesi educativa che unisce il gruppo dei docenti, lo sguardo sulla realtà che intende comunicare e poi giudicare tutto questo in base alla propria tradizione personale e a quale tipo di esperienza si desideri compia il proprio figlio.
Solo così i nostri ragazzi e le nostre ragazze potranno crescere da uomini e donne liberi, capaci di accettare sé e di mettersi in gioco per costruire il proprio presente.