Scacchi

Perché gli scacchi a scuola

(Marta Amigó Vilalta)

La nostra società è in costante cambiamento, con un’importante evoluzione tecnologica che crea il problema di quali professioni ci saranno in un prossimo futuro. Per affrontare questo futuro (in effetti, potremmo già parlarne come presente), gli esperti parlano dell’importanza di essere flessibili, fantasiosi e di saper lavorare in gruppo. Pertanto, la scuola ha la sfida e il dovere di fornire ai bambini strumenti che consentano loro di svilupparsi al meglio e di affrontare con successo la loro vita quotidiana: saper adattarsi a nuove situazioni, avere pensieri critici, prendere decisioni, essere in grado di contemplare diverse soluzioni per affrontare un problema, essere fantasiosi, intraprendenti, accettare i propri errori e vederli come un’opportunità per imparare, rilevare punti di forza e punti deboli in una situazione, lavoro di squadra, empatia, rispetto, resilienza, essere in grado di ascoltare…

Tutto questo (e molte altre abilità e valori) può essere sviluppato e allenato attraverso gli scacchi, in modo giocoso e con gli studenti che partecipano attivamente all’apprendimento. Gli scacchi sono un’attività molto trasversale, una prova di ciò, è il fatto che viene compreso in diverse categorie quando le persone ne parlano: sport, gioco, scienza, arte… Grazie al suo potenziale come strumento educativo, molti paesi hanno integrato gli scacchi nel loro sistema educativo e, in questo modo, contribuiscono alla formazione dei cittadini con uno spirito critico e competente nella loro vita quotidiana.

Nel febbraio 2012, il Parlamento europeo ha pubblicato una dichiarazione agli Stati membri proponendo di introdurre il programma “Scacchi a scuola” nei loro sistemi educativi.

Questa proposta è supportata da numerosi studi condotti nel corso di molti anni. Gli studi hanno concluso che gli scacchi sono uno strumento eccellente per sviluppare abilità e valori, ma anche uno strumento per combattere le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Alcuni di questi studi sono stati inclusi in una ricerca di Robert Ferguson pubblicata nel 1995: “Riepilogo della ricerca sugli scacchi nell’istruzione”. In questo lavoro si possono trovare informazioni molto interessanti che mostrano come gli studenti che avevano fatto gli scacchi durante le ore di scuola erano migliorati più di quelli che non lo avevano fatto in vari campi come la matematica, la comprensione della lettura e l’autostima.

Nell’ambito del progetto “Imparare a pensare”, condotto in Venezuela all’inizio degli anni ’80, si è osservato, ad esempio, che vi era un trasferimento di pensieri sugli scacchi ad altre materie e situazioni, il che è molto interessante in un contesto educativo. In un altro studio, durato quattro anni, sono stati introdotti gli scacchi in oltre 100 scuole statali a New York. I risultati hanno dimostrato che, gli studenti che avevano fatto gli scacchi, hanno migliorato notevolmente la loro fiducia e autostima, così come il pensiero razionale, le capacità cognitive e comunicative e il riconoscimento dei modelli. Il risultato più notevole fu un evidente miglioramento delle capacità di lettura, negli studenti che avevano fatto gli scacchi rispetto a quelli che non lo avevano fatto.

Questo è stato molto sorprendente, perché in precedenza gli scacchi erano sempre stati associati al campo matematico e non a quello linguistico. Gli autori credono che ciò avvenga perché una lettura completa e un buon gioco degli scacchi sono attività complesse che condividono procedure mentali simili:

  1. osservazione e decodifica di ciò che viene catturato visivamente.
  2. integrazione delle informazioni in un contesto per ottenere significato, correlare le informazioni. Un brano o una parola assume un significato reale quando lo integriamo in un contesto, il che ci consente di interpretarlo.
  3. prendere decisioni. In entrambi i casi, dobbiamo prendere una decisione (negli scacchi per quanto riguarda le mosse di ognuno; nella lettura la decisione riguarda l’interpretazione o potrebbe anche riguardare l’intonazione nella lettura ad alta voce).

E’ molto interessante cosa dice John Dewey riguardo al “Metodo del problem solving”. Secondo Dewey, sia nelle nostre vite che negli scacchi affrontiamo problemi che devono essere risolti e, in entrambi i casi, i passaggi per risolverli sarebbero gli stessi:

  • Comprensione della complessità del problema
  • Definizione del problema
  • Prendere in considerazione suggerimenti o ipotesi
  • Riconoscere le conseguenze di ciascuna ipotesi
  • Selezione dell’ipotesi per risolvere il problema.

I bambini che sono abituati ad applicare questa sequenza per risolvere un problema in una partita a scacchi, molto probabilmente trasferiranno questo modo di agire in altre situazioni della vita, usando l’abitudine di pensare alle diverse ipotesi e conseguenze prima di prendere la decisione finale su una determinata questione.

Una osservazione

Anche con l’aumentare delle capacità operative dei computer è però stato sottolineato da più parti come il ragionamento umano abbia margini di espansione non prevedibili e il gioco degli scacchi sicuramente ne sia un ottimo allenamento.

Paolo Maurensig, scacchista e scrittore del libro La variante di Lüneburg, scrive così del Campione mondiale attuale (un giovane di 22 anni molto esperto in informatica) in una sua intervista al Corriere della Sera:
“Ciò che mi conforta è il fatto che le varianti vincenti escogitate da Carlsen non sono state neppure prese in considerazione dai vari super potenziati programmi di scacchi. Ciò significa che la mente umana non è ancora del tutto superata”.

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